Come sbagliare strategia di ADV

Indipendentemente da quale sia il tuo settore e le tue competenze, sappi che a tutti capita di sbagliare. Anche ai migliori!

Quando si parla di ADV, i mancati risultati sono spesso la conseguenza di una strategia imprecisa. Per capire cosa sia meglio fare bisogna allora prima individuare dove si sbaglia.

Errore n.1: non conoscere i clienti

L’85% del processo d’acquisto avviene online: gli utenti cercano le informazioni di cui hanno bisogno su internet e solo dopo decidono di visitare il negozio fisico – sempre se non comprano direttamente online.

Le aziende devono essere consapevoli dei tempi e delle fasi con cui un utente si trasforma in cliente ed essere in grado di offrire le informazioni giuste al momento giusto. Questo è possibile solo se si conosce il pubblico di riferimento.

Quando si conoscono i potenziali clienti diventa chiaro cosa dire loro e come dirlo. Una buona comunicazione, comprese le ADV, è la conseguenza logica e naturale di questa consapevolezza.

Errore n.2: essere ossessionati dai competitor

Il primo errore ci insegna una cosa fondamentale: al centro dell’attenzione ci deve essere il cliente.

Molte persone perdono invece il loro tempo nel controllare l’attività dei concorrenti su metriche inutili per il proprio business. Per esempio verificando continuamente se il competitor si trova in una posizione superiore o inferiore tra le ADV su Google ADS o nei risultati organici.

Non vogliamo dire che monitorare i competitor sia sbagliato tout court. Vogliamo dire che vanno individuati i giusti parametri: molto meglio osservare su quali canali siano presenti e se il loro pubblico partecipa, in quali prodotti investano, quale esperienza di acquisto offrano, come gestiscono il customer care.

Errore n.3: voler essere primi

Voler essere primi su Google ADS è una delle richieste che più spesso ci vengono fatte.


Nella maggior parte dei casi, quando si lavora per ottenere conversioni, la prima posizione potrebbe essere un’opzione da non considerare perché drena budget inutilmente.

Un aspetto molto più importante e trascurato è il concetto di top of mind – la capacità di una persona di ricordare una marca precisa a partire da una determinata categoria.

Se ti dicessimo “pasta”, quale sarebbe il primo marchio che ti verrebbe in mente? E se ti dicessimo “bibite gassate”?

Queste sono categorie molto ampie, come vedi già “dominate” da alcuni marchi. Difficile competere con loro sul piano della top of mind. Molto più efficace è renderti memorabile all’interno di una nicchia più circoscritta. Riprendendo gli esempi di prima, ti viene in mente un marchio specifico di pasta ai grani antichi o di acqua tonica? 

Il nostro consiglio è allora molto semplice: se vuoi essere “primo” concentrati sull’esser ricordato come eccellente per una particolare caratteristica del tuo prodotto o servizio, e non (solo) sull’ADV.

Errore n.4: non misurare

Nell’ADV, misurare è utile per due motivi:

  • vedere se gli obiettivi sono stati raggiunti,
  • guidare l’apprendimento del Machine Learning.

Il primo punto è abbastanza scontato: per capire se un’azione è efficace bisogna avere dei parametri da controllare, prima e dopo.

Il secondo lo è meno.
Le piattaforme pubblicitarie online (Facebook ADS, Google ADS) si basano su sistemi di apprendimento per ottimizzare le campagne.
Se non si riesce a generare abbastanza conversioni, il sistema non sarà in grado di imparare correttamente e quindi di ottimizzare.
Nel caso di Facebook, sappiamo che l’apprendimento viene completato quando si raggiungono le 50 conversioni a settimana.

Le campagne devono dunque riuscire a generare volumi sufficienti per consentire al Machine Learning di imparare. Per farlo, si lavora sul budget e sul pubblico ma anche ripensando il piano di misurazione.

Errore n.5: non saper scalare le ADV

Se raddoppio il budget di una campagna, allora raddoppio anche le conversioni, giusto?

Sfortunatamente non funziona così.

Sulle performance delle ADV non incide solo il budget.
Le variabili in gioco sono tante e variano da piattaforma a piattaforma.
L’esperienza di utilizzo nel sito, la rilevanza delle parole chiave e la pertinenza delle inserzioni sono fattori centrali nella competitività nelle aste dei tuoi annunci, insieme al budget.

Ricordatevi che ogni volta in cui modificate una di queste variabili, la campagna tornerà in fase di apprendimento e tutto quello che il Machine Learning aveva imparato in precedenza verrà completamente cancellato.   

Per quanto riguarda la tentazione di aumentare il budget, sappiate che è sempre meglio fare piccole variazioni.

Errore n.6: aprire troppi fronti

Avere mille profili social perché “bisogna esserci”, gestire un blog e creare contenuti costa tempo, soldi e fatica.

Farlo male incide negativamente sulla percezione del brand, sulla reputazione e, in ultima analisi, sulle vendite.

Vale davvero la pena? No. 


Non serve che tu sia ovunque. Ti basta essere nei posti giusti, ovvero dove sono i tuoi potenziali clienti.

Errore n.7: accendere e spegnere le campagne

Torniamo un attimo al Machine Learning.

Le campagne usano i dati storici per:

  • costruire il quality score, un parametro collegato a quanto spendiamo per posizionare i nostri annunci (più è alto e meno paghiamo),
  • ottimizzare le performance: il Machine Learning impara da ciò che succede.

Similmente a quanto detto per le variabili, anche spegnere e accendere le campagne fa ripartire da zero la fase di apprendimento, resettando tutti i dati raccolti nella fase precedente.

Puoi capire che questo approccio non ha molto senso poiché riduce la possibilità di raggiungere gli obiettivi, allunga i tempi e aumenta i costi.

Il principe degli errori: non vedere il proprio cliente

Conoscere il tuo cliente potenziale non significa necessariamente riuscire a parlarci.
Ci sono aziende che hanno individuato perfettamente il proprio pubblico, eppure scadono nell’autoreferenzialità e mancano di empatia.

Poniti queste 3 domande per verificare di essere in risonanza con i tuoi potenziali clienti

  1. “Vuole avere a che fare con me?”

La risposta sta nell’engagement.
Se, per esempio, posti ogni giorno su Facebook ma non raccogli nessuna interazione, i tuoi contenuti non sono così rilevanti per gli utenti e vanno ripensati.

  1. “Si fida di me?”

La risposta si trova nelle recensioni e nei feedback.
Eventuali segnalazioni negative sottolineano mancanze nel tuo prodotto/servizio, nei servizi accessori (spedizioni, customer care, ecc.), nell’approccio o nella comunicazione (incoerenze, poca chiarezza o addirittura inganni).
Sono tutti elementi che incidono sulla fiducia e minano il rapporto col cliente. Pertanto, devi gestirli e risolverli.

  1. “Vuole acquistare da me?”

La risposta sta nelle vendite.
Quante persone comprano il tuo prodotto/servizio? Se sono poche, come mai?
Se nessuno compra, forse è il caso di essere umile e chiederti se il tuo progetto sia stato costruito attorno ai bisogni del cliente o attorno al tuo ego.
Nel secondo caso, hai diverse possibilità: puoi proseguire senza raggiungere alcun risultato, puoi abbandonare, oppure puoi rielaborare l’idea lasciando questa volta da parte te stesso e pensando a ciò che veramente vuole il cliente.

In conclusione

Sbagliare ADV non vuole dire solamente sbagliare la creatività. Spesso i motivi per cui una campagna di ADV fallisce sono legati a uno o più dei punti che abbiamo appena visto insieme. Ora che li hai capiti, evitarli sarà molto più facile e vedrai che i risultati non tarderanno ad arrivare.

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Enrico Miceli

7 anni nel mondo dell'advertising tra Google Ads e Meta Ads (ma non solo: anche LinkedIn, Spotify, Bing), Enrico ha collaborato con multinazionali gestendo oltre 800.000€ all'anno in campagne pubblicitarie. Possiede una forte vocazione verso la lettura del dato e la web analytics perché crede fermamente che "data is king".