Perché il tuo sito non converte (e che cosa fare)

Hai messo in piedi il tuo sito, hai investito tempo e risorse per popolarlo di contenuti e lo hai pubblicizzato anche con delle campagne adv mirate, eppure… I risultati non arrivano. Nessun nuovo lead, nessun contratto chiuso, nessuna richiesta di preventivo.

Le persone atterrano sul sito ma se ne vanno dopo poco senza aver comprato nulla o senza aver effettuato una richiesta. Frustrante, eppure è evidente che qualcosa non va. Ma non disperare, perché puoi individuare con facilità il problema!

Di seguito trovi un elenco dei motivi più frequenti dietro ad un sito che non converte e delle soluzioni per correggere il tiro e ottenere risultati!

1. Focus sul prodotto e non sui benefici

Hai descritto nei minimi dettagli quanto performante è il tuo prodotto, quanto lavoro c’è dietro e quanto impegno ci ha messo l’azienda. E qui arriva la parte dolente: alle persone difficilmente interessano tutti questi dettagli. Almeno non nell’immediato.

Sul tuo sito le persone cercano soluzioni ai loro problemi e un modo per soddisfare delle esigenze.

Sposta il focus sui vantaggi che il tuo prodotto o i tuoi servizi possono apportare al cliente, sulle problematiche che potrebbero risolvere e metti in risalto i benefici che si possono ottenere, e riserva i dettagli tecnici per dopo. In questo modo catturerai l’attenzione del prospect facendo leva sui suoi desideri e bisogni.  

2. Contenuti non adatti alla buyer persona

Che cosa interessa al tuo cliente? Il sito non è solo una vetrina per la tua attività, ma anche un modo per parlare ai prospect, informarli e coinvolgerli.

Questo diventa possibile attraverso i contenuti: articoli sul blog, ebook e white paper da scaricare, webinar, video, ecc. Ognuna di queste tipologie di contenuti rappresenta un potenziale gancio per coinvolgere il potenziale cliente, a patto che siano creati su misura per le tue buyer persona, cioè quelle rappresentazioni semi-immaginarie del tuo cliente tipo, basate su dati concreti e ricerche di mercato.

Sparare sul mucchio e creare dei contenuti rivolti ad un pubblico indistinto, significa creare dei contenuti fini a sé stessi e che difficilmente porteranno dei risultati, perché non tengono conto delle esigenze specifiche del lettore (e potenziale cliente).

3. Non hai considerato il funnel

Cosa dici? Sai benissimo chi è il tuo cliente tipo? Ottimo, perché allora forse il problema risiede nel percorso di acquisto. Soprattutto nel B2B, il percorso di acquisto è un processo molto lungo e complesso, che coinvolge anche più persone e attraversa vari stadi.

Se l’utente si trova ancora nella fase iniziale in cui ha appena preso coscienza della problematica e non è ancora informato sulle possibili soluzioni, proporre la vendita diretta può risultare controproducente: il prospect non è ancora pronto per acquistare ma si sta ancora orientando. Un invito all’acquisto in quel preciso momento verrebbe percepito come fastidioso e intrusivo.

Al contrario, un articolo informativo che osserva il problema da più angoli e suggerisce eventuali soluzioni, risulta molto più attinente perché aiuta il prospect a prendere consapevolezza autonomamente della necessità di risolvere il problema. Mettiamo quindi da parte per un attimo la smania di concludere subito la vendita e concentriamoci sugli obiettivi a lungo termine, analizzando le varie fasi del buyer’s journey e i contenuti più adatti per ognuna di esse. 

4. Troppe (o troppo poche) Call-to-Action

Se vuoi che l’utente compia l’azione che vuoi, devi dargli la possibilità di farlo. Se l’unico modo che le persone che visitano il tuo sito hanno di contattarti è nella pagina contatti, forse dovresti considerare di aggiungere delle opportunità di conversione anche nelle altre pagine, ad esempio nel footer o come popup da far apparire in modo strategico.

L’obiettivo è creare una strada verso la conversione, un percorso per far arrivare l’utente a te in modo naturale.

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A questo servono anche le Call To Action (CTA), gli inviti alle azioni che spesso troviamo sotto forma di bottoni da cliccare o in forma testuale con annesso link di atterraggio. Una Call To Action per pagina è l’ideale perché focalizza l’attenzione dell’utente senza essere invadente, mentre troppe Call To Action rischiano di distrarre e far perdere di vista l’obiettivo.

5. User experience povera

Non c’è niente di peggio che arrivare su un sito e non capire come funziona, dove si trovano le informazioni che interessano o come poter compiere una determinata azione. In altre parole, una pessima user experience.

Contenuti male organizzati o addirittura in eccesso creano confusione e frustrazione nell’utente che, dopo vani tentativi di orientarsi, abbandona il sito senza compiere alcuna azione. E non è quello che vogliamo, giusto? La soluzione spesso risiede in semplicità e buon senso: guarda il sito con gli occhi del tuo potenziale cliente e chiediti se l’esperienza di navigazione è fluida e facilita le conversioni, o se al contrario ci sono margini di miglioramento.

E non finisce qui: nel prossimo paragrafo trovi un altro elemento ancor più rilevante per l’esperienza utente e l’aumento delle conversioni…

6. Lentezza del sito

Parente stretta della user experience povera è la lentezza di caricamento del sito. Soprattutto da mobile, il tempo di caricamento delle pagine gioca un ruolo fondamentale: secondo uno studio condotto da Google sull’impatto della velocità da mobile su revenue e coinvolgimento degli utenti, se il sito impiega più di 3 secondi a caricare il 53% dei visitatori mobile abbandona la navigazione. Attenzione quindi alle performance di caricamento delle pagine del sito, perché forse stai perdendo clienti e nemmeno lo sai!

Puoi controllare subito la velocità del tuo sito con alcuni tool gratuiti disponibili online come GTmetrix. Le cause più comuni dietro ad un sito lento sono da ricercare nel servizio di hosting e nella struttura del sito a livello di codice e contenuti.

7. Strategia di lead nurturing scarsa o assente

E se il problema non fosse nell’acquisizione, ma nella gestione dei lead? Se i potenziali clienti ti lasciano la loro mail ma non fai seguire delle azioni per curarli e mandarli avanti nel funnel fino a farli diventare dei lead qualificati, stai sprecando risorse ma soprattutto opportunità preziose per chiudere contratti. Con gli strumenti di marketing automation puoi creare dei flussi di email targettizzate da inviare a liste segmentate di contatti in base a determinati criteri, come il download di un contenuto scaricabile o l’iscrizione alla newsletter.

Un flusso di lavoro efficace permette di portare i lead verso la decisione finale e continua anche dopo la chiusura del contratto per fidelizzarli.

Come vedi i motivi dietro ad un sito che non converte possono essere molteplici e sicuramente non si esauriscono con questa lista. Il consiglio è sempre quello di osservare con obiettività il tuo operato e cercare di identificare eventuali aree su cui puoi intervenire per ottenere risultati in termini di vendite.

Certo richiede impegno e risorse, ma il risultato ne varrà la pena!

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Enrico Miceli

7 anni nel mondo dell'advertising tra Google Ads e Meta Ads (ma non solo: anche LinkedIn, Spotify, Bing), Enrico ha collaborato con multinazionali gestendo oltre 800.000€ all'anno in campagne pubblicitarie. Possiede una forte vocazione verso la lettura del dato e la web analytics perché crede fermamente che "data is king".