Ripartire dal brand: l’importanza dell’identità di marca nelle strategie di marketing [Video + Slide]

Perché scegliamo un brand piuttosto di un altro?

Se da un lato entrano in gioco esigenze personali, adeguatezza o conformità del prodotto rispetto ad un determinato set di requisiti, dall’altro non si può ignorare l’efficacia della comunicazione aziendale e la sua capacità di trasmettere valori e significati al pubblico. 

Perché bisogna parlare di brand

Complici i cambiamenti imposti dalla situazione mondiale, anche le abitudini di acquisto sono cambiate: sono tanti coloro che dichiarano di voler tornare ad acquistare local, nei negozi di quartiere e Made in Italy, sia online che offline. E poco importa che le motivazioni siano legate alla sicurezza sull’origine dei prodotti o al desiderio di supportare il rilancio dei consumi e dell’economia nazionale. 

Questa è una grande opportunità per tantissime di quelle aziende che compongono il tessuto imprenditoriale del paese e si contraddistinguono per un know-how fatto di competenza, metodo e passione. La vera sfida è riuscire a comunicare tutti questi valori senza scadere nella banalità da “azienda leader di settore da X anni”. 

Ciò che manca a molte aziende è una cultura dell’immagine di marca come strumento a supporto degli obiettivi di business.

Lavorare sul brand significa mettere da parte gli obiettivi di vendita nell’immediato per concentrarsi sulla creazione di relazioni basate sulla fiducia, che permettano di andare oltre alla mera competizione sul prezzo e di giocare la partita su un altro livello.

Ne abbiamo parlato nel live webinar del 10 giugno con Carlotta Silvestrini, managing partner di RBHQ, società di consulenza specializzata in posizionamento strategico e di marca, riposizionamento di brand e lancio di prodotti e servizi digitali. Docente e relatrice ad alcuni degli eventi di settore più importanti in Italia, in RBHQ Carlotta si occupa di crescita disciplinata, una modalità di progettare il futuro delle aziende senza tralasciare nessuno dei comparti determinanti per il successo di un’azienda, prodotto o professionista, inclusi gli aspetti di finance e business modeling.

Insieme alla nostra ospite abbiamo parlato del ruolo del brand all’interno delle strategie di marketing e del perché, ora più che mai, è importante mettere l’accento sull’identità di marca come strumento in grado di fare la differenza nelle strategie aziendali.

L’impatto dell’emergenza sanitaria sui brand

La situazione dovuta all’emergenza sanitaria e la conseguente contrazione della domanda e dei consumi hanno riportato in auge l’argomento del brand e del suo ruolo strategico, portando molti imprenditori a rendersi conto di quanto esso rivesta un ruolo di priorità.

Molti tendono a confondere il concetto di brand con la creazione del logo o il naming del prodotto. Queste attività di per sé non sono “il brand”, ma sono parte del processo che porta alla sua creazione. 

Fare branding è legare un prodotto, servizio o persona ad una serie di elementi che generano valore percepito o trasmettono una identità di un certo tipo.

Carlotta Silvestrini

La situazione del Covid-19 ha riportato alla ribalta il tema perché tutti coloro che hanno basato la propria strategia su solo canale distributivo o di comunicazione, dall’oggi al domani si sono trovati privati della loro unica fonte di indotto e di visibilità, cadendo nel silenzio.

Probabilmente, se queste aziende fossero state nella mente del consumatore da prima, lo stop forzato non avrebbe avuto un impatto così importante ma sarebbe stato assorbito meglio.

Capire il valore del Brand: quali sono i driver che influenzano il processo d’acquisto?

Per capire il vero significato del brand per un’azienda, occorre partire dal perché

Lungi dall’essere un vezzo creativo o qualcosa da fare perché lo fanno i competitor, le ragioni dietro all’importanza della definizione dell’identità di brand affondano le radici nel customer behaviour e, più specificamente, nell’irrazionalità dei comportamenti di acquisto e dei consumi.

Per quanto possiamo essere precisi e informati, il neuromarketing stesso ci spiega che gli acquisti tendono ad essere fatti sulla base di sensazioni “di pancia”, e quindi delle emozioni. 

L’utilità di avere un brand entra in gioco nel momento in cui il consumatore sente l’esigenza di acquistare qualcosa e il suo cervello associa alla categoria merceologica un brand di riferimento. 

Ma quali sono le motivazioni alla base dell’acquisto? Ne identifichiamo principalmente tre:

  1. avvicinare il piacere
  2. allontanare il dolore
  3. aumentare le nostre possibilità

Nel primo caso prendiamo come esempio i brand di lusso del fashion: l’acquisto di un bene di lusso ci porta certe sensazioni di piacere nel momento in cui, indossando il capo o l’accessorio di un tale brand, sentiamo di avere acquisito un certo status e prendiamo così più forza e sicurezza in noi stessi.

Nel secondo caso si tratta invece di un acquisto a scopo preventivo, come ad esempio l’acquisto di un sistema di allarme che ci allontana dalla sensazione spiacevole che può dare un furto in casa. 

Nel terzo e ultimo caso, pensiamo ai servizi di streaming on demand in abbonamento come Netflix, Spotify, Amazon Prime Video, che a fronte di una tariffa flat mensile offrono centinaia di contenuti. Attraverso l’iscrizione a questi servizi aumentiamo le nostre opzioni di contenuti da poter fruire in ogni momento, anche da più dispositivi, senza limiti.

Una volta individuate le motivazioni di fondo, perché le persone sono portate a scegliere un brand piuttosto di un altro? Secondo le neuroscienze, il cervello è programmato per limitare gli sforzi e trovare la via più semplice per trovare una soluzione. Quindi, dobbiamo fornirgli una motivazione in più per scegliere proprio noi.

Abbiamo tre possibilità per riuscirci

  • essere l’unica opzione disponibile
  • essere la migliore alternativa
  • sfruttare le leve di marketing (scarsità, urgenza, aumento del valore percepito, ecc). 

C’è un malinteso diffuso tra gli imprenditori secondo il quale fare marketing non serve se si ha un prodotto di qualità. Ma la qualità è un valore percepito e viene compreso DOPO l’acquisto del prodotto, insieme ad altre caratteristiche spesso citate come elementi differenzianti come professionalità e disponibilità.

Bisogna anche considerare il concetto di razionalità limitata: il consumatore che approccia l’acquisto non valuta con razionalità ogni cosa, basti pensare alla GDO e ai tempi di permanenza del cliente davanti ai prodotti, che mediamente si attesta all’incirca tra 9-15 secondi. Come convincere l’utente che il tuo prodotto è la migliore soluzione al problema?

Spesso non acquistiamo l’opzione migliore, ma quella sufficientemente buona per noi in quel momento. Vince quindi chi è riuscito a trasmettere meglio il valore.

Si lega al paradosso della scelta, secondo il quale la mente umana non riesce ad elaborare più di 6 soluzioni contemporaneamente. Esempio classico è il “non ho niente da mettermi” davanti a guardaroba stracolmi o quando al ristorante troviamo un menù troppo ampio e finiamo con lo scegliere sempre la stessa cosa o imitare la scelta di chi è con noi o di chi siede al tavolo accanto. 

In fase di esplorazione delle opzioni di acquisto, il consumatore attua delle strategie cognitive che facilitano la scelta, come ripetere una scelta sulla base di una precedente soddisfazione, affidarsi ad un brand conosciuto, chiedere consiglio e così via.

La promessa del brand

Maggiore è il prezzo o le conseguenze che potrebbe comportare una scelta sbagliata, maggiore è il rischio percepito. 

In tal senso il brand rappresenta una garanzia e agisce quindi come minimizzatore di rischio, perché rappresenta la scorciatoia più efficace per convincere il consumatore nel modo più rapido. 

Questo accade quando, ad esempio, dobbiamo acquistare un prodotto di cui non siamo esperti e, per andare sul sicuro, scegliamo quello con il brand più conosciuto e affermato nel suo settore. 

In questo caso, a vincere sarà l’azienda che ha meglio lavorato sulla comunicazione e sul suo brand come portatore di significati. 

Questo si applica in tutti gli ambiti e a tutti i livelli: dai brand di fascia alta che incarnano concetti di lusso, status sociale e lifestyle, a brand meno lussuosi come, ad esempio, i discount alimentari, che puntano su valori come risparmio, convenienza e ampia possibilità di scelta anche a fronte di un potere d’acquisto ridotto. Avere un brand conosciuto e una politica di branding chiara riduce le possibilità di fallimento. 

Il brand è una promessa, e se questa promessa viene mantenuta il cliente sarà più propenso a scegliere quel brand.

Il brand è prevedibilità in senso positivo, perché dà sicurezza al consumatore su ciò che potrà trovare (e non trovare) e porta quindi a stabilire una relazione di fiducia con il suo pubblico. 

Vale per il brand e vale anche per il personal branding di professionisti, imprenditori e di chiunque associ la propria persona alla soluzione di un problema specifico.

Più il percorso d’acquisto è difficoltoso e negative le conseguenze nel caso di una scelta sbagliata, più un brand forte va a minimizzare il rischio e a convincere l’utente ancor prima di valutare certe opzioni. Spesso, infatti, nel momento di scegliere la soluzione per un problema specifico, non valutiamo nemmeno un ventaglio di opzioni, ma andiamo direttamente dal brand/persona più comunemente identificato come soluzione a quel determinato problema.

La forza della specializzazione in una strategia di branding

Laddove esista un bacino di utenti in target sufficientemente ampio da garantire la sopravvivenza dell’azienda, anche la specializzazione risulta un fattore in grado di rafforzare il brand, sia che si tratti di personal branding che di brand di prodotto. 

Più la mia esigenza sarà quella di risolvere un problema specifico, più sarò portato a scegliere la soluzione maggiormente specializzata nell’affrontare quel determinato problema.

In un contesto di mercato dove i consumatori hanno accesso a una grande quantità di informazioni, per attirare la loro attenzione essere generalisti non basta più. 

Mentre una volta i canali pubblicitari erano meno numerosi e, spesso, molto costosi per le aziende, l’avvento dei social media e dell’advertising online ha cambiato i paradigmi di comunicazione e di pubblicità, creando molte più possibilità e mettendo molte aziende nelle condizioni di competere con player ben più grandi di loro, anche a fronte di budget ridotti. 

È il caso dei DNVB, i brand verticali nativi digitali, realtà giovani e piccole che in poco tempo riescono a conquistare un nutrito seguito di pubblico e di clientela.

A ciò si aggiungono scenari di mercato sempre più complessi, dove player altamente specializzati si contendono l’attenzione degli utenti. Il web è diventato la fonte primaria di informazione e il contatto diretto con il sales si è spostato più in avanti nel customer journey.

Questo vale per il B2C e anche per il B2B: secondo una ricerca Gartner, i buyer B2B alla ricerca di nuovi fornitori passano il 27% del loro tempo informandosi online. Ne avevamo parlato in un altro articolo del blog sul mercato B2B e dinamiche della supply chain.

Il ruolo delle recensioni nel posizionamento del brand

Come appena accennato, il percepito non viene generato solo dai canali istituzionali, ma anche dalle voci esterne alla nostra azienda, pensiamo ad esempio all’importanza delle recensioni.

Utilizzate dai clienti che danno un voto e una valutazione al nostro prodotto o servizio, le recensioni sono utili anche agli altri utenti per capire come il brand si rapporta con il suo pubblico, come risponde a recensioni, commenti e domande.

Il customer service è quindi un altro elemento importante da curare per rafforzare il brand, la sua percezione e creare un’esperienza omogenea nel contatto tra cliente e marca,  sviluppando così una relazione di fiducia. Ogni volta che il consumatore si sente tradito, si erode anche la fiducia che questo ha dato al brand. Per questo lavorare sulla brand awareness è tanto importante quanto lavorare sulla lead generation o sulla vendita, per stabilire un rapporto di fiducia, elemento chiave nel rapporto con il cliente.

L’importanza del brand nelle strategie di marketing

Quando ci si appoggia ad una agenzia digitale o di comunicazione, perché certe attività di marketing funzionano e altre no? Partiamo dal presupposto che l’agenzia funziona come un amplificatore per il messaggio di un brand. Se questo messaggio è corretto e sostenibile, e se lo è il brand che lo comunica, allora l’esposizione funziona. 

La propensione all’acquisto dipende dal grado di familiarità che il pubblico ha rispetto ad un determinato prodotto o servizio, frutto dell’esposizione a determinati  “stimoli”. Se la prima volta che vediamo il tale prodotto o servizio o professionista non percepiamo particolare interesse, a livello inconscio iniziamo però a registrare questa informazione; mano a mano che l’esposizione avviene con una certa frequenza, iniziamo ad associare un certo valore a quell’oggetto. 

Leggi anche: Come creare una presenza online efficace con la Digital PR

A fronte di una esposizione costante ad uno stimolo, dopo un certo numero di esposizioni l’utente sarà più propenso ad acquistare. Se ci pensiamo, è il principio alla base dell’utilità delle campagne di remarketing, dove l’utente viene “seguito” all’interno di social media e altri siti internet da banner che pubblicizzano prodotti o siti con i quali è entrato in contatto in qualche modo. 

Consigli di branding per le aziende

Per concludere, ecco alcuni consigli per la creazione e il lancio di un brand ex-novo:

1. Non basarsi solo su scelte personali, ma anche su dati che rivelino i gusti del target e diano insights utili sulle loro preferenze ed esigenze. 

Occorre rispecchiare il target in ogni aspetto: dalle scelte grafiche al tone of voice, passando per testimonial e modalità di veicolazione del messaggio pubblicitario. 

2. Se il brand è nascente non solo in termini di immagine, ma anche come azienda,  attenzione al modello di business. 

Affinché il brand e l’azienda stessa possano essere sostenibili, è fondamentale che alla base vi sia anche un’analisi degli aspetti economici e strutturali che caratterizzano il business: struttura dei costi, flussi di ricavi, risorse necessarie e così via.

3. Identifica il grado di investimento sui canali di acquisizione

In base al tipo di brand e prodotto si può optare per soluzioni all-in, dove investire da subito grandi somme per fare massa critica ed evitare che il prodotto venga clonato o imitato da altri player più grandi, oppure su una strategia di differenziazione dei canali pubblicitari e di vendita per fare awareness. 

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Lucia Cesaro

Copywriting per vocazione e un percorso di studi tutto votato alla comunicazione, negli anni ha collaborato con diverse agenzie digitali e non. In Meta Line si prende cura dell’identità verbale dei nostri clienti, trovando le parole giuste per dare vita alle strategie di comunicazione.